In pericolo la scuola pubblica, a rischio la democrazia.

Riportiamo un articolo tratto da l'Eco del Chisone del giorno Giovedì 23 Ottobre,
che ci sembra esprimere appieno ed in modo decisamente esaustivo alcuni dei nostri intenti e dei nostri obbiettivi.

Inoltre, questo è il link della pagina sulla quale potrete leggere l'articolo online.


In pericolo la scuola pubblica, a rischio la democrazia.

Un pregio almeno la Gelmini l'ha avuto: ricompattare la protesta, far soffiare di nuovo qualche venticello dal sapore "sessantottino". Ha avuto il pregio di far scattare un moto di ribellione. Tutti uniti (o quasi) in difesa della scuola pubblica, contro cui il Governo Berlusconi sta sferrando un attacco durissimo, che la riporterà indietro di 30 anni.

Che di attacco e non di riforma si tratti lo dice già il titolo della legge n. 133 del 6 agosto, che converte in legge il decreto n. 112 del 25 giugno "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria". Occorre attendere l'art. 64 (in tutto sono 85) per arrivare al nodo: "Disposizioni in materia di organizzazione scolastica". L'argomento sta sotto il capo II: "Contenimento della spesa per il pubblico impiego". L’articolo successivo si occupa di Forze armate, il 66 di turn over. Ci fermiamo qui.

Insomma, l’hanno capito tutti (o quanto meno tutti quelli che hanno avuto la voglia di informarsi) che alla 133 concetti come educazione, pedagogia, formazione proprio non interessano. L'unico, vero obiettivo è il taglio della spesa pubblica. Che va pure bene, basta sia chiaro. Che almeno non si dica che il maestro unico, la riduzione del tempo scolastico a 24 ore sono misure introdotte per il bene dei nostri figli. Ecco, almeno non si dica quello. Si dica che lo Stato italiano ha trovato i soldi per salvare le banche o per aumentare di altri 1.200 euro lo stipendio ai parlamentari (un'inezia al confronto), ma che per la scuola, per la ricerca, per la formazione dei futuri cittadini non intende spendere. Né, tanto meno, "investire". È chiaro: di formare "cittadini" a questo Governo, Berlusconi in testa, nulla interessa (e all'opposizione, ci chiediamo, interessa?).

Però il mondo della scuola si sta ribellando. Forse c’è arrivato con un attimo di ritardo a comprendere quale gioco al massacro sia in atto, ma oggi ha sollevato la testa.

Per primi gli studenti, con la passione che, sola, sa muovere l'adolescenza e ben consapevoli di quanto a loro tanto scempio toglierà.

Hanno sollevato il capo gli insegnanti, con la forza di chi vede compromesso non solo il proprio posto di lavoro, ma le ragioni stesse che per anni quel lavoro hanno fondato ed alimentato.

Ora tocca a tutti noi dire con forza quello che Michele Serra di recente ha scritto: siamo disposti ad andare con le pezze al culo pur di aver una scuola degna di questo nome per i nostri figli.

E una scuola "degna" in Italia ce l’abbiamo. Anzi più che degna, se si parla in particolare di materna ed elementare, che l’Europa (anche se Gelmini e colleghi fanno finta di non saperlo) ci invidiano. Certo migliorabile, e ci mancherebbe, perché chi si arrocca è perdente. Una scuola disposta pure a tagliare qualche "ramo secco", a fare a meno di qualche "fannullone" (che ci sono ovunque). Una scuola pronta a cambiare, insomma, ma partendo da quello che finora è stato conquistato e consolidato. Su tutto, la pluralità, l'accoglienza, la condivisione, il rispetto delle diversità, la convivenza. Tutto questo, nulla ha a che vedere con la legge 133 o il decreto legge 137. Tutto questo, per contro, ci attiene e riguarda tutti. Destra o sinistra non importa, con o senza figli, giovani o vecchi, poveri e ricchi. Peccato che venerdì scorso, in un auditorium del liceo scientifico strapieno, i genitori fossero invece pochissimi. Quando, come oggi, è in pericolo la scuola (pubblica), pure la democrazia è a rischio. Non dimentichiamolo.


Lucia Sorbino

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